Risali le
strade strette fra file di case senza affaccio, muri imbiancati a calce su cui
si arrampica la brattea diffusa della buganvillea, t’inoltri nel mercato delle
corporazioni sbirciando argenti e vasellame, la cromia multiforme e presto
monocorde delle ceramiche, lo sguardo muto di una vecchia al telaio. Ogni
mercante di stoffe t’invita nella sua bottega. Per tutti sei un cliente, un
estraneo: il libero mercato ha creato il tuo concetto di vacanza e con quello
la tua noia, l’insofferenza, la disperazione.
domenica 20 novembre 2016
mercoledì 2 novembre 2016
IL VIAGGIO RIFLESSO
Il viaggio era
un pretesto per allontanarci da noi stessi, tu da me, io da te, dalla nostra
immagine reciprocamente riflessa. Che cosa vedono, gli altri, di noi stessi,
nei nostri occhi, attraverso i nostri occhi? E quale idea possono farsi di se
stessi? E noi di loro? Eravamo in viaggio, con quell’alternarsi di esplorazioni
e ricapitolazioni notturne, che è implicito nel percorso. Il passato entra nel
viaggio come in sogno, nell’uno e nell’altro non vi è più una distinzione, una
direzione univoca. Il nostro modo di allontanarci da noi stessi era immergersi
nella concretezza del qui e ora e poi, di notte, sprofondare nel nostro
passato, come in risposta allo spaesamento dell’ignoto, un modo per confermare
le nostre identità fluttuanti immergendoci nell’immobilità della memoria, una
memoria fuori di ogni controllo, confusa o troppo nitida, com’è dei sogni.
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