Non c'è più niente per cui valga la pena di scrollarsi, di rimettersi in viaggio. Così resto sdraiato sul letto, chiudo gli occhi e le
immagini che prendono forma in questa parodia di campo visivo sono immagini di altre camere d'albergo, i soffitti bassi e le stampe alle pareti, la carta a fiori,
i quadri dozzinali, le file di stampelle vuote, le lampade fioche, l’odore di
chiuso, di polvere; in tutte quelle stanze tanto simili da apparire indistinguibili, mi figuro schiacciato dallo stesso
silenzio, la mia figura si confonde, si fa anonima, un fruscio stropicciato di
lenzuola, un'ombra, l’alone di una macchia sul tappeto, poi più niente.
lunedì 26 dicembre 2016
sabato 3 dicembre 2016
IDENTIFICAZIONE
La critica di Cartier-Bresson al pubblico delle mostre, che non guarda più le opere limitandosi a identificarle, va estesa alla percezione del mondo, che ci scorre accanto, sempre più conforme alle nostre aspettative. Che cosa si deve mettere a fuoco per comprendere? Rivelare del già noto una visuale inaspettata o piuttosto concentrare l'attenzione sul singolo dettaglio e da quello ricostruire un’intera città? Cogliere il riflesso dei passanti sulle vetrine o il nostro, nel volto specchiato dal retrovisore, identico ogni giorno, ogni giorno differente?
domenica 20 novembre 2016
UN LIBERO MERCATO
Risali le
strade strette fra file di case senza affaccio, muri imbiancati a calce su cui
si arrampica la brattea diffusa della buganvillea, t’inoltri nel mercato delle
corporazioni sbirciando argenti e vasellame, la cromia multiforme e presto
monocorde delle ceramiche, lo sguardo muto di una vecchia al telaio. Ogni
mercante di stoffe t’invita nella sua bottega. Per tutti sei un cliente, un
estraneo: il libero mercato ha creato il tuo concetto di vacanza e con quello
la tua noia, l’insofferenza, la disperazione.
mercoledì 2 novembre 2016
IL VIAGGIO RIFLESSO
Il viaggio era
un pretesto per allontanarci da noi stessi, tu da me, io da te, dalla nostra
immagine reciprocamente riflessa. Che cosa vedono, gli altri, di noi stessi,
nei nostri occhi, attraverso i nostri occhi? E quale idea possono farsi di se
stessi? E noi di loro? Eravamo in viaggio, con quell’alternarsi di esplorazioni
e ricapitolazioni notturne, che è implicito nel percorso. Il passato entra nel
viaggio come in sogno, nell’uno e nell’altro non vi è più una distinzione, una
direzione univoca. Il nostro modo di allontanarci da noi stessi era immergersi
nella concretezza del qui e ora e poi, di notte, sprofondare nel nostro
passato, come in risposta allo spaesamento dell’ignoto, un modo per confermare
le nostre identità fluttuanti immergendoci nell’immobilità della memoria, una
memoria fuori di ogni controllo, confusa o troppo nitida, com’è dei sogni.
venerdì 8 luglio 2016
IN SECCA
Nel vento gonfio di polvere, si respira un senso di abbandono, di stagione finita. Il bacino in fondo al canale è asciutto, un cordone di dune ostruisce la foce. Imbarcazioni da diporto, pescherecci e cabinati giacciono in secca, come navi incagliate nel deserto. Un panfilo, inclinato di fianco, ostenta antichi splendori, il ponte tirato a lucido, lo scafo riverniciato di fresco: sulla fiancata, in rosso, il nome Alice. Anche noi, siamo incagliati, una lenta corrosione appesantisce i passi, la sabbia che il vento ci alita sul viso scava rughe sottili, metodiche: restiamo qui, inermi, ad aspettare la naturale consunzione delle cose, le labbra gonfie, inaridite, che non abbiamo più la forza di cercare.
martedì 31 maggio 2016
LE STAZIONI DEL VIAGGIO
La premessa del viaggio è quella della favola, per
quanto non sia chiaro l'oggetto della ricerca, se una ricerca abbia luogo e il
tutto concorra al ristabilimento di un equilibrio perduto. Le stazioni del
racconto di magia ineriscono al rito, ne svolgono la trama simbolica; le tappe
di un viaggio rivendicano la singolarità, un carattere specifico e originale, ogni
luogo è diverso dall’altro: per raggiungerlo, viene attraversato uno spazio e
il suo attraversamento è parte integrante tanto del viaggio che del ricordo. La
definizione di un luogo non può prescindere dalla sua lontananza.
lunedì 16 maggio 2016
ASTENIA
Scrutare nel silenzio della camera sgranando i rumori di là delle pareti, a uno a uno.
Distesi sul letto, il fastidio dei nostri corpi accaldati, il tempo rallenta e
anche le voci, il ronzio delle mosche, lo scalpiccio dei passi dal corridoio,
tutto è più sordo, attutito nel torpore, nell'astenia che ottunde senza
alleviare l'ansia dell'esserci. Amare i nostri vicendevoli rancori, contrastare
il vuoto prima che un vuoto più fondo ci annulli. E dopo, nient'altro da
guardare che il soffitto ruvido, grezzo o gli interstizi fra le stecche
dell'avvolgibile da cui filtra una luce sporca, pulviscolare.
lunedì 11 aprile 2016
LA RICERCA DEL VUOTO
I luoghi sollecitano domande ma suggeriscono risposte elusive. La ricerca
del vuoto è anch’essa una forma di horror vacui. Siamo fuori dall’abitato e
rasentiamo i cubi bianchi delle case di campagna, sempre più rade. La brezza
che spira dal mare stordisce quasi fosse maestrale: è un’ebbrezza impalpabile,
un’estraneità riconquistata, siamo viandanti solitari, stranieri in una terra
straniera, per quanto stranamente familiare, di una familiarità che ormai si
fatica a ritrovare a casa nostra.
domenica 20 marzo 2016
PERCEZIONI
mercoledì 9 marzo 2016
INTERVISTA
"Chi
è Stefano Iatosti?"
"La
definizione di se stessi, della propria identità personale, non è mai data una
volta per tutte, tanto più quando l’istinto, il carattere o la particolare
declinazione dell’intelligenza porta a esplorare territori anche molto lontani
fra loro. In effetti, cominciamo le nostre esplorazioni nei primi mesi di vita
e le allarghiamo progressivamente fino a comprendere in potenza l’intero
universo; allo stesso tempo, rivolgiamo lo sguardo su noi stessi, sui nostri
processi mentali, sui desideri e le aspirazioni. Condivido entrambe le
curiosità, quella per il mondo, in senso lato e quella per la natura umana e in
ciò che scrivo, sia da narratore sia come critico, si ritrova questo duplice
interesse. I viaggi di cui parlo, i paesaggi che descrivo sono insieme concreti
e astratti, si tratti di un deserto da attraversare o dei labirinti urbani in
cui smarrirsi, perché di ogni esplorazione, di ogni ricerca, di ogni viaggio è
presente una doppia interpretazione, letterale e simbolica, di percorso
spaziale e di esperienza interiore, un’esperienza che rivive nel ricordo e si
proietta nell’ipotesi di nuove partenze, di nuove e sconosciute
destinazioni".
"Che ruolo assume la parola nel suo descritto
perenne viaggiare?"
"Il racconto del viaggio è in qualche modo
implicito nel viaggiare, fin dalla scelta del luogo di destinazione. Siamo
influenzati dalle esperienze altrui, dalle loro descrizioni, dall’immagine
letteraria o cinematografica, dalle nostre aspettative, dal desiderio e dal
pregiudizio. Non esistono luoghi vergini, tutto è filtrato dalla narrazione: le
mete del turismo sono obbligate e la ricerca dell’avventura ricalca quella di
chi ci ha preceduto. La parola è il mezzo più suggestivo per evocare la
lontananza, l’estraneità, quella particolare ebbrezza per ciò che non si
conosce: può costruire paesaggi, architetture e volti, far vedere ciò che non
si è mai visto e non si vedrà mai, trovare un nesso fra esperienze frammentarie
e incongruenti. Ci vuole una grande immaginazione per viaggiare".
"Il viaggio reale e quello immaginario hanno in
comune la necessità di essere narrati. Perché è importante condividere queste
esperienze?"
"La narrazione nasce per essere condivisa,
tanto più quella riferita al viaggio, che si tratti di un’esperienza concreta,
di un percorso iniziatico o dell’ascesa al regno degli spiriti protettori di
una comunità tribale. Per millenni, la trasmissione della cultura si è fondata
sull’oralità e questa presuppone evidentemente un narratore e un pubblico.
Successivamente, la letteratura di viaggio ha rappresentato, per un gran numero
di lettori e prima che il turismo diventasse un fenomeno di massa, l’unica
possibilità per conoscere terre lontane e culture esotiche trasmettendo allo
stesso tempo, attraverso il punto di vista del viaggiatore, modelli di
riferimento per valutare usanze e concezioni della vita altre. Ancora oggi, ogni viaggiatore
è un potenziale narratore, sempre alla ricerca di un lettore che condivida, se
non le sue esperienze, la sua irrequietezza".
http://www.icaffeculturali.com/0%20TAVOLINI%20RISERVATI/IATOSTI%20STEFANO/IATOSTI%20STEFANO.htm
venerdì 19 febbraio 2016
L'ALTROVE QUOTIDIANO
L’altrove quotidiano è un diario in formato digitale, costituito
da note di viaggio, brevi narrazioni e aforismi sulla città e sul senso
profondo del viaggiare. La prima sezione, Promenades
1990, raccoglie impressioni e testi critici in miniatura sulla Parigi del
tempo.
Vi compaiono descrizioni di monumenti e di musei, ma anche di
strade e di vetrine, di grandi magazzini, di caffè frequentati da scrittori e
curiosi. La seconda sezione, quella che dà il titolo al libro, è dedicata al viaggio,
studiato nelle sue motivazioni esplicite e in quelle più nascoste, come impulso
e necessità dell’uomo fin dalla sua comparsa sulla Terra.
Il rapporto che s’instaura
di volta in volta con gli spazi e i paesaggi della natura, gli ambienti urbani
e le persone ha conseguenze decisive sulla definizione e sul ripensamento di un’identità
personale e di coppia.
La struttura dell’opera è frammentaria, priva di un
preciso riferimento cronologico, ricca di digressioni, intermedia fra racconto
e saggio, sia pure in pillole. Prende come riferimento l’esperienza personale
dell’autore, a un tempo turista e viaggiatore ma da questa si allarga a
considerare il viaggio come un fenomeno sociale, un oggetto di studio storico e
antropologico.
sabato 6 febbraio 2016
L'ALTROVE QUOTIDIANO
Stefano Iatosti
L'ALTROVE QUOTIDIANO
Questa storia non ha coordinate precise, non ha un tempo né uno spazio.
È un taccuino zeppo di appunti e frammenti di un viaggiatore che insegue se stesso in spicchi esotici di cielo, in città deserte e ramificate, nell'intimità forzata dei check-in.
Il suo viaggio è un lento adeguarsi alla condizione di fuggiasco, la proiezione del suo rapporto col mondo e con l'amore, che vuole di volta in volta poter riscrivere.
Succede ogni giorno, nel tragitto di ritorno a casa. Ogni giorno ci aspettiamo di essere da un'altra parte, diversi da ciò che siamo, intrusi perfino nella nostra porzione impercettibile di mondo.
Col pensiero, prima o poi, di essere altrove.
È un taccuino zeppo di appunti e frammenti di un viaggiatore che insegue se stesso in spicchi esotici di cielo, in città deserte e ramificate, nell'intimità forzata dei check-in.
Il suo viaggio è un lento adeguarsi alla condizione di fuggiasco, la proiezione del suo rapporto col mondo e con l'amore, che vuole di volta in volta poter riscrivere.
Succede ogni giorno, nel tragitto di ritorno a casa. Ogni giorno ci aspettiamo di essere da un'altra parte, diversi da ciò che siamo, intrusi perfino nella nostra porzione impercettibile di mondo.
Col pensiero, prima o poi, di essere altrove.
giovedì 28 gennaio 2016
IN VIAGGIO
La ricerca del senso di un viaggio s’identifica con l'atto del
viaggiare. Cosa può condurci lungo nuovi itinerari se non la stanchezza o l'aleatorietà
della scelta? La condizione itinerante
presuppone un infinito presente, quella stanziale l'alternarsi di progetto e
rievocazione: il presente è negato e ogni atto è in vista di un risultato futuro,
sia pure ipotetico. Per questo siamo sempre in viaggio, per questo è come
se non fossimo mai partiti.
mercoledì 20 gennaio 2016
IL DÉJÀ VU DI UN ALTRO
Ecco l’alveo, l’abbraccio dei moli, lo schieramento delle case nel porto. Ci aspetta una lunga teoria di agnizioni. Ma quando, con passo barcollante affrontiamo l’asfalto della banchina, ci coglie subito un senso d’estraneità, quasi fosse il déjà vu di un altro, lo sfalsamento fra il ricordo e il dato, la svagatezza e l’ovvietà dell’esserci, i fotogrammi a sovrapporsi senza mai combaciare. E non sai più se sia il presente, una proiezione del passato o viceversa.
lunedì 11 gennaio 2016
LA SPIAGGIA NELLA CUPOLA
La spiaggia, il mare, il cielo,
persino un accenno di palmizi, un paio d’isolotti verdeggianti, raggiungibili a
nuoto: ma il cielo è una cupola di plexiglass e il mare, un mare da
laboratorio. Ti stupisce la densità dei gitanti, la loro assoluta integrità,
l’essersi calati nella parte fino a convincersi che la spiaggia, il mare, il
cielo siano autentici. La parodia di città che ci cresce attorno non è forse
una messinscena, che tutti noi contribuiamo a mantenere in piedi? L’artificio
assoluto coincide con la perfetta ingenuità: l’ultimo approdo è sempre quello
fatto a propria immagine e somiglianza.
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